Ufficio Stampa e Supporto Legislativo
on. Antonio Peluso, cons. regionale e Presidente Commissione Consiliare Speciale per il Controllo Attività della Regione e Verifica Attuazione Indirizzi Politico-Programmatici

Consiglio Regionale della Campania

 

COMUNICATO STAMPA

 

APPROVATA UNA LEGGE DI FACCIATA

Continua la polemica sulle nomine Asl. In Campania nulla cambia.
Le proteste dell’on. Antonio Peluso: “E’ una legge che va assolutamente riscritta. Lascia le cose inalterate e ad essere nominati ai vertici delle Asl, continueranno ad essere direttori sanitari ed amministrativi scelti per il colore politico, piuttosto che per la professionalità e per la bravura”.

NAPOLI, 20 FEBBRAIO 2006 – La Legge regionale, approvata venerdì scorso, che si voleva configurare come risposta della maggioranza in merito allo scandalo delle nomine Asl, si è rivelata una legge inconsistente, di facciata, che non possiede alcun numero e non introduce nessun criterio innovativo per arginare la presunta lottizzazione, da parte dei partiti della maggioranza, relativa alle nomine dei direttori sanitari e amministrativi delle Asl.

Questa la pesante accusa del consigliere regionale Antonio Peluso, del gruppo Nuovo Psi.

La polemica incomincia quando uno dei partiti di maggioranza, lo Sdi, per la precisione, scatena una feroce polemica interna alla maggioranza ed esce dalla Giunta “a causa di una logica spartitoria insopportabile – afferma l’assessore Di Lello. Se la sanità è allo sfascio, se tante amministrazioni comunali vengono sciolte per infiltrazioni camorristiche, Ds e Margherita – continuava eufemisticamente l’Assessore – Ds e Margherita potrebbero anche cominciare a porsi qualche dubbio. Qualcosa staranno sbagliando, o no?”.

La frattura sembrava inguaribile e assessore e consiglieri dello Sdi, ai quali si aggiunsero Verdi e Prc, continuavano a denunciare, dalle colonne dei quotidiani, lo scandalo della spartizione delle nomine ai vertici delle Asl della Campania.

Finché alla Prima Commissione, che si occupa dell’Ordinamento delle regioni, dell’Amministrazione Civile e degli Enti Locali e degli Affari Generali viene passata la matassa da sbrogliare: due proposte ed un disegno di legge da unificare in un’unica proposta di legge di modifica della legge regionale precedente, che mirasse alla regolamentazione in una direzione più restrittiva, delle nomine dei direttori Asl.

La proposta di legge del Presidente della V Commissione (Commissione Sanità), Angelo Giusto, unica tra le tre a prevedere criteri un po’ più stringenti, nel processo di unificazione, viene completamente fagocitata. Così quando la proposta di legge unificata arriva nella V Commissione, presieduta dallo stesso Giusto, perché questa commissione esprimesse il parere, si scatena un’ulteriore polemica.
Si decide, allora, di rinviare direttamente la proposta di legge in Consiglio, mentre la Commissione Sanità, per protesta, non esprime parere.

La proposta di legge unificata prevedeva, semplicemente, l’istituzione di un elenco, dal quale il Direttore Generale dell’Asl avrebbe attinto, ma con i consueti con criteri di discrezionalità ed insindacabilità, per le nomine a Direttore sanitario ed amministrativo.

Nulla di diverso, quindi, a parte l’istituzione di un elenco del quale praticamente chiunque in possesso dei requisiti previsti dalla legge nazionale avrebbe potuto farne parte.

Il problema, si sposta, allora, ma non si risolve.
Ciò che più volte, in Consiglio ed in Commissione, è stato affermato riguardava la impossibilità di una selezione concorsuale o dell’istituzione di una graduatoria di merito, in virtù della natura fiduciaria della scelta, che si riflette direttamente sul procedimento di nomina che non può che basarsi esclusivamente sull’accertamento del possesso dei requisiti professionali richiesti dalla legislazione statale per il conferimento dell’incarico, essendo ogni ulteriore apprezzamento basato sull’elemento fiduciario che, in quanto tale, assume necessariamente connotazione di soggettività e di insindacabilità. Proprio in forza dalla normativa statuale, che disciplina la materia che, allontanandosi dalle regole di natura pubblicistica di assunzioni mediante concorso a valutazione comparativa, prevede il conferimento di un incarico finalizzato al perseguimento di specifici obiettivi, ed è ulteriormente desumibile dalla stessa natura privatistica dei rapporti di lavoro del direttore generale e dei direttori amministrativo e sanitario da esso nominati, nonché dallo stretto legame di dipendenza e di condizionamento configurato tra i rapporti di questi ultimi rispetto a quello del soggetto che ne dispone la nomina.
Eppure, secondo il pensiero del consigliere Peluso, la più elevata oggettività del valore delle nomine dei direttori sanitari e amministrativi non poteva che essere garantita dalla istituzione di un albo ristretto, mirante alla ricerca di criteri che facessero più spiccato riferimento a requisiti di professionalità e di merito.
E le recenti vicende, relative alla questione sulla presunta lottizzazione politica delle nomine, orientavano proprio nella direzione di una legge regionale in materia, tesa a garantire criteri più oggettivi e che rimarcasse il principio secondo il quale in materia di legislazione concorrente, atteso che la materia rientri in questo ambito, l’Ente Regione potesse applicare la normativa nazionale di inquadramento in una accezione più restrittiva.

L’albo ristretto a cui fa riferimento l’ emendamento (modifica della legge ndr) che il consigliere Peluso ha presentato e che non è stato preso in considerazione, si configurava proprio come tentativo per arginare la discrezionalità sconfinata nelle nomine dei direttori e non avrebbe in alcun modo compromesso la natura fiduciaria della scelta. Si limitava semplicemente a restringere la rosa dei nomi degli aspiranti, scelti con la discrezionalità e con la insindacabilità che la “norma/principio” attribuisce all’atto stesso di nomina.

Inoltre, a mio avviso, non è ancora stato valutato in tutta la sua portata, il potere legislativo “esclusivo” delle Regioni in tale “materia”.
Con la modifica della Costituzione, avvenuta nel 2001, ci sono alcune discipline legislative, come quella della “organizzazione sanitaria”, che di fatto sono di competenza esclusiva delle regioni. Nel senso che la regione, in ragione della devoluzione e in forza del principio di sussidiarietà verticale, secondo cui a legiferare è l’ente più vicino al cittadino in quanto ne conosce in modo maggiore le istanze, su determinate materie, emana leggi che addirittura rendono “cedevoli” quelle statali preesistenti, le quali, nel momento in cui l’Ente Regione legifera, perdono efficacia normativa, cedendo il campo alla legge regionale.

“In questo senso – afferma l’on. Peluso - avremmo potuto scrivere una legge regionale, che ad onta della normativa nazionale, che offre un margine immenso di discrezionalità nella scelta dei direttori Asl e che in tal modo apre il campo a possibili manovre spartitorie e lottizzanti, stringesse i criteri e pretendesse, dagli stessi direttori sanitari ed amministrativi, la certificazione di una maggiore competenza, di una acclarata professionalità e di una significativa efficienza gestionale”.

Tutto questo non è avvenuto. “ E’ stata, invece, approvata una proposta di legge regionale – continua l’onorevole - che potrebbe essere considerata eufemisticamente come la legge dell’acqua fresca. Una legge che ha creato una norma che di fatto ha lasciato le cose come sono. E le cose così come sono, credo, sono a conoscenza di tutti i cittadini. E mi riferisco, per chi non avesse ancora inquadrato il problema, - conclude Peluso - al disastro della sanità in Campania, che non decolla, perché non ha le ali per decollare, non possiede strumenti normativi perché, al di là delle risorse assegnate, non possiede gli uomini capaci di gestire, in modo oculato, efficace ed efficiente quelle risorse”.

Home