Tredici anni all'inferno
“Avevo solo 13 anni
- così esordisce Giuseppe Schirano, 41 anni, da cinque a
Napoli - e mia madre mi ricoverò al Manicomio civile di Bisceglie,
provincia di Bari, perchè ero affetto da epilessia”.
Da quel giorno, ha inizio per Giuseppe una storia dai contorni così
macabri che rasenta l’inverosimile.
“Gli infermieri - racconta il signor Schirano - mi legavano
periodicamente ad un palo, nel mezzo di uno stanzone spoglio e senza
arredo. C’erano sempre un’altra decina di malati legati
e venivamo torturati con tanta crudeltà che ancora adesso,
quando ci penso, mi vien da urlare. Non c’era un motivo particolare;
era il divertimento di chi operava in quel reparto. Non c’era
modo di denunciare il fatto; i medici erano complici, a tal punto
che sono stato violentato una decina di volte da un paio di essi.
Spesso - continua l’allucinante racconto di Giuseppe - venivamo
picchiati con spranghe chiodate. Sono passati 15 anni da quegli
eventi, ma la mia schiena ne conserva ancora le tracce. Era come
vivere in un continuo incubo”.
Il racconto di Giuseppe, intanto, va oltre. “Molte morti inspiegabili
ci furono in quegli anni nell’ospedale psichiatrico di Bisceglie.
Il viso di un mio compagno di reparto, d’improvviso, inizio
a gonfiarsi sempre più. Dopo qualche giorno, perdeva sangue
da per tutto: naso, orecchie, bocca. Il sangue dal naso scorreva
a fiotti. Mori qualche ora dopo, la stessa sorte toccò ad
altri pazienti; ne morirono in questo modo una decina circa. Scoprimmo,
successivamente, che la morte violenta dei nostri compagni, era
da mettere in relazione con un’altra diavoleria inventata
dagli infermieri stessi: preparavano iniezioni con chissà
cosa dentro e si divertivano ad osservare gli effetti. Mi rendo
conto - Giuseppe si ferma quasi a voler rassicurarci sulla veridicità
di quanto finora raccontato - che quando sto dicendo ha dell’assurdo.
Sono eventi però - continua - che hanno tracciato un solco
indelebile in me; traumi che difficilmente riuscirò a rimuovere”.
Dopo l’uscita dal manicomio, grazie alla legge Basaglia, gira
un po’ per l’Italia. Ora vive a Napoli, mangia come
può e dorme alla Stazione. “Spesso la polizia mi mena
perchè - dicono - non posso dormire sulle scale o in luoghi
pubblici (alla faccia della dignità ndr.). Forse, se mi do
da fare, riesco ad ottenere la pensione. Il mio futuro? Vorrei sposarmi
e vivere una vita normale, una vita semplicemente normale”.
Dal 'Sud' del 27-04-1996
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