Il problema immigrazione
Per lo più si tratta
di Arabi. La piccola comunità musulmana sopravvive vendendo
sigarette e vivendo in tuguri fatiscenti pagati a caro prezzo
C’eravamo abituati
a considerare che l’islam fosse soprattutto impiantato in
una zona geografica particolare, quella che separa l’emisfero
nord dall’equatore, dal Senegal all’Indonesia; ma questo
punto di vista deve essere oggi rivisto. Solo ad Afragola, se vogliamo
entrare in un discorso che ci riguarda più da vicino, vivono
circa 200 musulmani; una minoranza religiosa di tutto rispetto se
consideriamo i suoi tassi di crescita vertiginosi e le sue implicanze
socio-politiche. In parole povere l’Islam, malgrado le numerose
somiglianze col Cristianesimo, resta impermeabile ad esso, chiuso
in un compartimento stagno che svilisce, in atteggiamenti totalizzanti
e totalitaristici,ogni sforzo che tenti di conciliare le posizioni
moderne sui diritti dell’uomo con i diritti di Dio. Il diritto
musulmano classico, infatti, prevede pene precise per un certo numero
di delitti: la pena di morte per l’apostasia e per la bestemmia
(vedi la condanna capitale che pende sul capo dell’autore
dei “Versetti Satanici” ecc.), la lapidazione per l’adultero
sposato, l’amputazione per il ladro, la flagellazione ecc.
Queste prescrizioni, dal punto di vista degli specialisti della
legge musulmana, hanno un fondamento, sia nel Corano, sia nei “Detti
dei Profeti” (habit).
“Ad Afragola mi trovo bene – afferma A…,altro
marocchino residente nella nostra città da più di
3 anni – e non ho mai subito angherie o avuto problemi razziali.
Vendo sigarette di contrabbando e guadagno quaranta-cinquantamila
lire al giorno. In questo modo – continua A…, che in
Italia si fa chiamare Igar – riesco a pagare l’affitto
di un appartamentino che condivido con altri connazionali. Pago
150mila lire al mese e quello che resta lo “conservo”.
Non è difficile scorgere negli occhi di A… una profonda
nostalgia della sua terra, e alla mia domanda in tal senso mi risponde
confermando le mie impressioni. “La mia mente è rivolta
alla mia terra e alla mia religione che da tempo non pratico più
con assiduità. Ritornerò presto all’Islàm,
da cui sto lontano, mio malgrado, con molta sofferenza”.
Per i musulmani l’identificazione tra cultura occidentale
e cristianesimo è totale e anche A…, in risposta alla
mia domanda sull’eventualità di un dialogo o almeno
sulla possibilità di una pacifica convivenza, si mostra fedele
a questa concezione. “I cristiani hanno modificato e corretto
la Bibbia, stravolgendone il significato – dice il marocchino,
mostrando di essere a conoscenza della concezione musulmana secondo
cui ebrei e cristiani hanno falsificato i libri Santi, riportata
peraltro dallo stesso Corano – e quindi non può esserci
nessun dialogo. Come è possibile, inoltre, una pacifica convivenza
– continua il nostro – e tollerare donne che vanno in
giro quasi nude e senza scrupoli? Di questo passo dove andremo a
finire?”. La religione “dello sforzo” (wagib);
una religione politica, che si considera garante dell’avvenire
della Religione nel mondo, che crede di assumere e portare al suo
stadio ultimo la storia del monoteismo nel mondo; una religione
dove non è stato risolto il grave problema interno della
questione femminile, che integra definitivamente i suoi membri ed
emargina gli altri; una religione che, di contro, ha enormi ricchezze,
enormi valori, immensi tesori spirituali inesplorati e sconosciuti.
Ecco a tratti brevissimi un quadro dell’Islàm; il quadro
di un incontro che si fa giorno per giorno sempre più indispensabile,
ma sempre più difficile. Tutto questo mentre il Governo italiano
ha legiferato e tende a legiferare contro la “facile“
immigrazione di extracomunitari.
A tal proposito dal 24 al 26 ottobre, a Napoli, presso il teatrino
di corte, si è tenuto un importante convegno internazionale
su “Corano e Bibbia”, organizzato da “Bibbia”,
associazione laica di cultura biblica, e dall’istituto Orientale
del nostro capoluogo.
Numerosi gli esperti e gli studiosi internazionali. Il leitmotiv?
La necessità e l’urgenza, ormai improcrastinabile,
del dialogo, considerato lo stato di “multietnicità”
della nostra società civile.
Un giorno camminavo nel deserto e intravidi un uomo da lontano.
“Forse è un nemico” – pensai – e
mi armai di tutto punto. Poi vidi meglio ed era un semplice viandante
e posai la spada. Ma appena si avvicinò di più, mi
accorsi che era un amico e lo abbracciai. ( Storiella raccontatami
da un muftì musulmano ad un incontro inter-religioso).
Dal 'Nuova città' del 09-11-1997
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