I nostri fratelli della Serbia
Un nostro concittadino, Michele
Capasso, della parrocchia di S.Anna di Afragola, parte per l’evangelizzazione
della serbia ortodossa
Caro Michele: illustraci
brevemente la missione in Serbia del mese din agosto scorso.
Siamo partiti in nove dal nostro seminario di Pola il primo agosto.
Si tratta di una caserma in disuso che ci hanno affidato, e noi
seminaristi occupiamo un braccio di questo enorme edificio. Non
essendo possibile attraversare il confine croato, per penetrare
in Serbia abbiamo dovuto adottare uno stratagemma: siamo passati
per l’Ungheria. Confine molto facile da attraversare dove
i controlli non sono per niente ferrei essendo la via privilegiata
di un fiorente contrabbando che prolifica in barba all’embargo
stabilito dall’ONU.
E in effetti nella nazione Serba, da circa sei mesi, si trova di
tutto, al contrario di quello che affermano i mezzi di comunicazione
di massa con l’intento far passare per efficacissimo l’isolamento
economico di quel paese. Addirittura, quasi tutte le automobili,
sono fornite di un serbatoio supplementare, saldato molto empiricamente
sul fondo delle autovetture stesse, che permette il contrabbando
di carburante.
Passati, quindi, per il confine di Backi Breg, ci siamo diretti
verso Vàljevo, cuore della Serbia ortodossa, a dire il vero
molto ostile al cattolicesimo e a quanto di esso ne porta anche
un lontano ricordo, essendo l’idea di esso generalmente associata
a quella del nemico croato. Da Vàljevo, una volta stabilitici
nella parrocchia della Sacra Famiglia (piccola chiesetta cattolica,
unica del paese che vive in costante timore di atti bellici da parte
dei locali) abbiamo compiuto varie missioni definite “a tappeto”,
parrocchia per parrocchia, cioè, annunciando, in quella situazione
di morte ontologica, la vita, la risurrezione, l’amore.
Quali sono le città che avete, per così dire, visitato?
Quattro, in modo particolare: Belgrado, Nis (famosa Nissa, luogo
di nascita di Costantino il grande e patria del grande Gregorio,
uno dei tre Padri Cappàdoci), Subodiza (dove al nostro arrivo
abbiamo appreso con sgomento la notizia dell’uccisione di
un preete cattolico avvenuta nel giorno precedente) e Novi Sad.
Come vi hanno accolto gli ortodossi?
Fondamentalmente bene. E’ un popolo di enorme spiritualità,
che purtroppo, associa troppo facilmente la religione con la politica,
forse proprio in virtù della peculiarità della chiesa
ortodossa, che possiamo definire “autocefala”; delle
vere e proprie chiese nazionali, cioè, i cui metropoliti
fanno il bello e il cattivo tempo. Ad onta di questo, però,
l’accoglienza è stata cordiale Si può dire che
tutti ci aspettavano, e sembravano molto contenti di averci incontrati
perché eravamo diventati un caso nazionale. Tutta la stampa
serbo-croata, infatti, aveva parlato di noi e di questa missione,
scatenando un vero putiferio. C’era addirittura qualcuno che
accusava Roma di un ostentato proselitismo e di inammissibile ingerenza.
Abbiamo infine celebrato una Eucaristia insieme ai fratelli ortodossi,
molto commovente.
Caro Michele: che senso ha questa missione?
È’ impossibile dare una risposta che non tenti di far
passare, oltre al contenuto formale di essa, anche quello emotivo,
la gioia, l’amore, la forza che Cristo ha nella mia vita.
E pensare che poco più di un anno fa ero un anonimo studente
di Ingegneria, a cui mancavano pochi esami alla Laurea! Facevo parte,
anzi, faccio ancora parte della Seconda Comunità Neocatecumenale
della Parrocchia di S.Anna e questo cammino è stato l’alveo
nel quale ho incontrato e continuo ad incontrare quotidianamente
Cristo.
Come mai poi hai deciso…
Non io ho deciso. È Cristo che ha stravolto la mia vita,
che è entrato prepotente nella mia esistenza.
E adesso?
Adesso di nuovo a Pola, in seminario. Prego solo Iddio che non mi
chiuda gli occhi, affinchè possa continuare a contemplare
il suo amore e la sua misericordia.
Da 'Afragola oggi' del 11-09-1994
|