Scuola Aldo Moro: è
polemica
Lunedì 17, al III
Circolo Didattico di Afragola, non si parlava d’altro. L’”articolo”
“Aldo Moro: scuola <<aperta>> di una certa Daniela
D’Eliso (cito la firma come leggesi dall’articolo) comparso
sul “Confronto” di domenica scorsa, ha suscitato polemiche
a non finire; atteggiamento, questo, di un certo spessore valoriale
dal momento che esprime tutta l’esuberanza di un mondo scolastico
tutt’altro che abulico e atarassico, come sembrerebbe suggerire
il “trauma scritturistico” dello scriptum incompositum
in questione. Polemica, in verità, che contrapponeva due
atteggiamenti di fondo, come risposta allo “scriptum”:
accoglimento favorevole e approvazione delle sedicenti “denunce”
da una parte; disapprovazione e disappunto dall’altra.
“La cosa che più mi infastidisce - afferma un insegnante
- è la capziosità dell’articolo e la sovrabbondanza
di affermazioni del tutto gratuite”.
E in effetti, a parte la ridondanza semiologico-strutturale di alcune
asserzioni e il tautologismo, non si fa certo economia di luoghi
comuni e di madornali panzane, come per esempio il fatto che lei,
esimia signorina, sia “entrata nella scuola e nessuno le abbia
chiesto chi fosse e dove andasse”. A parte la presenza nell’edificio
di 7 sezioni di scuola materna, che comporta un continuo andirivieni
di genitori che accompagnano i bambini in classe, e dell’apertura
al pubblico dell’ufficio di segreteria della scuola, non penso
che debba ricordarle, egregia signorina, che sua madre insegna tuttora
nella scuola da lei “sivitata” e che quand’anche
fosse stata notata da uno dei 4 bidelli comunali della scuola (soggetti
anch’essi alla turnazione; il numero di essi quindi si dimezzerebbe.
Gli altri collaboratori scolastici non hanno mansioni di sorveglianza)
sarebbe stata riconosciuta e non importunata.
Da un esame critico testuale, inoltre, (l’esegesi origeniana
del Contra Celsum fa scuola) il suo scriptum incompositum risulterebbe
tendenzioso ab imis. Che significano infatti le parole: “Peccato
che il dottor Antonio Ricciardi sia una persona tanto disponibile,
quasi mi dispiace dover delineare un quadro non molto roseo della
sua scuola”? Significa forse che avrebbe preferito che il
Direttore del III Circolo fosse stato indisponibile così
da aggiungere il tassello che avrebbe completato il suo mosaico
degli orrori? E chi le ha dato il permesso di “girare per
le classi” approfittando della sua notorietà nella
scuola e disturbando, in questo modo, lo svolgimento delle lezioni?
E in quale veste e dall’alto di quale onniscienza pedagogica
lei si sente in grado di emettere giudizi sulla “dinamica
del modulo”? Quale miracolo teofanico le ha inoltre rivelato
la preziosa nuova che nel giorno di “compresenza si dovrebbero
recuperare alunni svantaggiati”? Eppure era mia convinzione
che un buon giornalista, prima di pubblicare notizie di sorta, avesse
dovuto vagliare meticolosamente la veridicità di quanto rilevato;
a costo di non scrivere affatto, per evitare figuracce: E allora
mi permetta di darle un consiglio, gentile signorina: l’uomo
è tale, nella misura in cui sa mettersi in discussione; sa,
se ce ne fosse bisogno, iniziare daccapo, ricominciare. La verità
è umiltà e ricerca, falsificazione (la buon’anima
di Popper non ha smesso mai di gridarlo) e verificabilità
oggettiva, accertamento e documentazione, che “Accenna”
e balbetta nell’onestà intellettuale e nella scrupolosità
euristica. La verità non è eristica né poetica;
talvolta è poetica in quanto colta, intuita, sfiorata, percepita
come brezza soave che avvolge. In ogni caso non fa rumore e soprattutto
non è ostensiva di se stessa.
Non ci si può nascondere dietro il corsivo e riportare affermazioni
del tipo “i più piccoli (nel modulo) non si abituano
facilmente a più insegnanti e confondono le varie materie”
nella totale e decontestualizzante ignoranza della Legge 148 del
’90; né peraltro affermare, cosa molto grave e del
tutto infondata, che i “corsi di aggiornamento sono solo teorici”.
E quale occasione didattica più favorevole di quella che
“alcuni uccellini avrebbero costruito in classe un dolcissimo
nido approfittando di un buco nel soffitto da cui possono staccarsi
- come confermano (mi scusi il sarcasmo) le sue indagini geo-gnostiche
e geo-statiche - pezzi di intonaco”?
L’affermazione, infine, che “la scuola Aldo Moro sarebbe
una scuola <<aperta>>, ma solo a mille problemi”
rasenta l’offesa. Certo - e questo come si fa a negarlo! -
i problemi non mancano. Ma da qui ad esaurire la celeberrima “Aldo
Moro” in un ricettacolo di aberranti negatività...
andiamoci piano! La critica, gentile signorina, è valida
se costruttiva e propositiva. Altrimenti prende il nome di “disfattismo”,
che è la cosa più studipa che un uomo possa fare.
Lei, peraltro, si è addentrata in un universo di cui non
ha assoluta cognizione di causa. Scire per causas, affermava Gassendi.
Lasciamo che la lanterna la porti chi ci vede e facciamo in modo
che non si arrivi al paradosso che “a pazziella” vada
a finire “mmano ‘e ccriature”. Si vada a leggere
i precedenti articoli da me redatti sul tema (quello sulla scuola
del 25 settembre c.a., per esempio), perché non succede che
un corpo insegnante così stimato, didatticamente qualificato
finisca nel limbo della degradante squalificazione del qualunquismo.
Mi creda: in fondo questo mio articolo non vuole assolutamente assumere
i toni di una polemica personale, né si vuole configurare
come confiutatio accademica. E’ solo il naturale assestamento
conseguente ad un piccolo sisma periferico che ha rischiato di gettare
via il bambino insieme al catino. Non è questo il luogo per
operare una captatio benevolentiae e di conseguenza non elencherò
i vari premi vinti da questa scuola a livello nazionale, i numerosi
recitals che hanno impegnato centinaia di alunni, le “frenetiche”
attività educative parallele, il film realizzato e proiettato
al “Gelsomino” due anni or sono, il giornalino scolastico
e le tante altre attività di una scuola che nonostante le
deficienze strutturali e il doppio turno resta e resterà
un indiscusso cardine dell’universo educativo afragolese.
Vorrei solo che si riuscisse una buona volta a comprendere che i
problemi della scuola d’oggi, non sono i buchi sotto al soffitto
o il cane che si è fortunosamente intrufolato nell’atrio
della scuola. I problemi sono ben altri e più gravi, molto
più gravi; e chi non li vede o fa finta di non vederli è
ignorante o in malafede.
La scuola, ultimo argine critico alla marcia trionfale del “nulla”
di disneyana memoria, al “non essere” amletiano dell’appiattimento
disumanizzante e del potere di consumo, elevato a sistema paradigmatico
di valutazione valoriale; la scuola, momento di meta-riflessione
e di sintesi cognitiva, ha finito per utilizzare (forse in prospettiva
difensivistica) metodologie e strumenti educativi ben scarsamente
coinvolgenti e responsabilizzanti, sempre più lontani dalle
esperienze effettivamente vissute dai suoi scolari e perciò
incapaci di rispondere in modo adeguato ai loro sempre più
urgenti bisogni conoscitivi e di socializzazione, finendo con l’auto-emarginarsi
e riducendo se stessa a pedina di una più vasta scacchiera
di un sistema che ha definitivamente paralizzato l’uomo nella
sua ragnatela, per potergli, indisturbato, succhiare il midollo
dell’autonomia volitiva, del diritto all’auto determinazione
nelle scelte, della capacità critica, del pensiero.
Il suo articolo,in fin dei conti, esimia signorina, è la
proiezione ipostatica dell’anti-pedagogia, lo slittamento
focale e l’affossamento problematico frutto di una generale
miopia epocale, l’antonomasia dell’ignoranza didattica,
l’epitaffio del discorso educativo. Una sola cosa non ha vagliato
alla perfezione; cosa che ha fatto quasi passare per impunito il
suo “delitto quasi perfetto”. Lei si è addentrata
nella foresta di Sherwood (non so spinta da chi o per dimostrare
che cosa) ignorando una circostanza fatale: essa non è disabitata.
Prova ne è il fatto che ogni qualvolta mi accingo a rileggere
quanto sopra, ho l’impressione di sentire il secco rumore
di un arco che scocca.
Da 'Afragola Oggi' di 23-10-1994
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