La terza via
Per molto tempo c’è
stata polemica in ambito cattolico. La quaerelle era alimentata
dal, tentativo mascherato dal propositivismo generalizzante, di
cercare nelle cosiddette “Encicliche sociali” (inaugurate
da Leone XIII con la “Rerum Novarum”) e nel Magistero
della Chiesa in genere, indicazioni e orientamenti mirati alla teorizzazione
della cosiddetta “Terza via cattolica”, ideologicamente
alternativa al liberalismo capitalista e al marxismo comunista.
La ricerca, però, e naufragata nell’oceano post - moderno
di una cultura silente che da tempo giace in coma profondo con elettroencefalogramma
piatto.
Il fallimento del tentativo di formulazione è da ascriversi
prima di tutto alla incipente consapevolezza, in campo teologico,
del carattere dinamico della storicità della legge naturale
(in barba ad epigomi teocratici), nonostante la “defaillance”
del “Sillabo” di Pio IX (1864) e delle resistenze teoriche
di Gustav Gndlach, consigliere di Pio XII (1939 - 1958). Le difficoltà
si ingigantiscono se si cercasse di perseguire la fondazione epistemologica
di un’ideologia (credenza adoperata per il controllo dei comportamenti
collettivi) il cui ganglio vitale e statuario risulto avulso dal
“sistema” stesso di pensiero. Si tratterebbe, cioè,
di un ente eteronomo, non avente “ideologicamente” vita
in se stesso, che continuamente, però, attinge alle fonti
della Paradosis, cogliendo nello stesso tempo la dimensione statica
e dinamica della vita - economico offrendo direttive legislative
e di orientamento civile.
Tendere insomma, per enucleare quanto sopra, alla attuazione della
democrazia nell’ordine cristiano, alla concreta applicazione,
dei principi del messaggio cristiano nell’ordine politico,
giuridico ed economico.
L’aporia metodologica che potrebbe inficiare il percorso teorico,
però, potrebbe essere identificata proprio nella eqivocità
del collocamento dell’”ente” in questione che
risulterebbe a metà strada tra le “due spade”,
se non, addirittura, sovrastrutturale a una “dottrina sociale”
magisteriale che già e di per sè definita dai caratteri
di fedeltà a Dio e alla storia.
Si tratta del dualismo che travagliò a suo tempo l’animo
di Sturzo allorqundo si accingeva alla fondazione del partito: in
quando partito non potevano non essere coinvolti in tutte le vicende
e contrasti propri della vita politica; in quanto servi di Santa
Chiesa, non potevano non dipendere dalle gerarchie ecclesiastiche.
Veniva praticamente a non esistere qull’indipendenza e libertà
di discussione, prerequisito necessario al partito politico in quanto
tale.
Partito cattolico, uniformantesi ai principi cattolici e partito
politico, aconfessionale, cosa che è contraddizione in termini.
Sta di fatto, però, che il “luogo” politi “privilegiato”
entro il quale ancora oggi, nonostante i dubbi espressi sopra, si
attuerebbero concretamente queste condizioni e nel quale i suoi
membri recintano l’idillio cattolico - politico (vedi i manifesti
sui quali D. Tuccillo rivendica il rapporto privilegiato con il
mondo cattolico) resta, nonostante tutto, il P.P.I.. Non credo che
questa sia l’ultima e definitiva parola in merito, anzi, credo
che un confronto strettamente teoretico al riguardo avrebbe il gran
merito di aprire una costruttiva polemica in tal senso. Sulla possibilità,
infatti della autoattribuzione delle prerogative di “cattolicità”
(sarebbe più giusto dire “ispirazione cristiana”)
da parte di altri partiti politici, o almeno nella pretesa di perorare
gli interessi della cattolicità in genere, c’è
una parte dell’”intellighentia” teologica che
propende per un altro orientamento teorico (cfr. Berhard Haring).
In questo ambito viene affermato che i criteri fondamentali perchè
teorie politiche, strutture e modi di comportamento possano essere
giudicate eticamente ineccepibili in senso cristiano sono : 1) la
dignità, il benessere e lo sviluppo di tutti gli individui;
2) la solidarietà umana; 3) la partecipazione attiva e creativa,
da parte di tutti coloro che lo vogliono e ne sono capaci, alla
costruzione di strutture di autorità che promuovono questi
lavori.
Basta questo perchè un cattolico possa optare per una forza
polica che non sia il centro? E di fatto, la destra e la sinistra
italiana, sono conciliabili con la dottrina cristiana? Si può
sperare che lo sforzo di una indefessa ed umile ricerca posso approdare
alla formulazione della fantasmagorica “Terva via” cattolica,
da opporre alle formulazioni totalizzanti nonchè sistemiche
del liberalismo capitalista e del marxsismo comunista? O un discorso
del genere è perso in partenza? Convinto che “la cultura
è sintesi, ma sintesi dinamica che genera cioè movimento,
che esce dalle torri d’avorio delle “paràtaxeis”
(partito preso) che si confronta” (come ho affermato altrove)
aspetto pareri, opinioni, teorie, che non potranno che arricchire
il nostro essere “poveri uomini questuanti”.
Dal 'Cogito' del
29-03-96 |