La nuova religione

La religione è stata sovente definita una risposta totale e articolata all’istanza fondamentale dell’uomo che ha da sempre cercato una soluzione esaustiva e rassicurante alla complessità e alla problematica esistenziale.
La mia analisi tralascia un attimino l’approccio teologico cattolico che inverte i termini della questione - Dio che chiama l’uomo e gli si rivela, non viceversa - per relarsi ad una indagine che si lega, più che altro, alla ricerca psico-sociologica. Nel senso che non entrerà nel merito su chi, nel contesto del rapporto uomo-Dio, debba essere premiato come elemento al quale vada assegnata una sorta di primazialità cronologica.
Religione come risposta totale e articolata all’istanza poliedrica fondamentale dell’uomo, dicevamo; istanza poliedrica e composita: “Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Perché la morte? Qual’è il senso della mia vita?.
Intesa in questo senso, il campo semantico del termine religione, si allarga enormemente. Tutti i sistemi di pensiero che avanzerebbero la pretesa di offrire una risposta totalizzante a quanto sopra, potrebbero essere definiti “religione”, anche se, il rapporto col trascendente viene a mancare e, per così dire, si immanentizza, rimanendo circoscritto nell’ambito del transeunte.
Da premettere che non è indispensabile, perché la religione - in senso improprio - venga a configurarsi come tale, che si arrivi, per rivelazione divina o per via naturale (Percorso inverso: conquista della verità da parte dell’uomo attraverso le doglie del parto cognitivo), ad una soluzione teoretica. Una risposta, valida in quanto risolve il problema in questione, potrebbe anche configurarsi paradossalmente come “non-risposta”, nel senso che occulta la domanda perché la risposta non venga a caratterizzarsi come indispensabile ed improcrastinabile.
Sono i dettami, quelli descritti sopra, della “religione capitalista” che pianifica e teorizza la “non risposta” con una metodologia che risolve il problema alle radici: la domanda non ha senso. E’ la progettazione sistematica del non pensiero, dell’iper-attivismo che riempie tutti gli spazi della giornata, perché i mass-media possano devastare, come le onde barbariche nei villaggi indifesi, le nostre fragili menti.
E il dio di questa religione, che ci offre la soluzione preconfezionata e ci aiuta ad abbattere gli ultimi baluardi di una esitante ronda che, disarmata e senza armatura, sta a guardia delle diroccate mura della nostra esistenza, riceve e ottiene, con estrema facilità, la venerazione incondizionata della sua Legge e l’adorazione dei suoi Messia.
“Tutti - per dirla con Ravasi - s’intruppano frenetici e felici nell’ultima moda, rifanno il verso dell’ultimo cantante, stringono in mano l’ultimo prodotto suggerito dalla pubblicità, ripetono l’ultimo slogan e tappezzano la mente con l’ultimo luogo comune”.
Tutti presi, condizionati, ipnotizzati - e questo, i creativi pubblicitari lo sanno molto bene quando negli spot utilizzano le tecniche di transizione, una nuova religione che, vero oppio dei popoli, ci mantiene nella costante insipienza culturale e nella totale disumanizzazione.
L’uomo ascende e si qualifica socialmente nella misura in cui possiede. Non conta altro. Tutto ha un prezzo e tutto ha un valore, acquisibile in virtù della capacità del potere d’acquisto.
Come suonano strane e difficili da comprendere le parole di A. Einstein: “L’uomo vale non per quanto possiede o per quello che è, ma per quanto riesce a donare”. E’ la profondità e l’apoftegma della sapienza, l’apogeo della verità, la vetta del pensiero antropologico.
E la mia anima, di fronte a questa afasia esistenziale, a questo vivere amorfo e onirico, - e Diogene mi perdoni-cerca l’uomo. Lo cerca con un’umile lanterna che non ha la capacità di illuminare l’abisso che la circonda e le passa attraverso. Un uomo disingannato, disilluso, disalienato. E nel frattempo, la mia vita è rimasta indietro, persa nelle brume delle campagne abbandonate, sospesa sui picchi dei monti, paralizzata nelle foschie autunnali di occhi spenti, dai quali - per parafrasare un verso delle Rime di Michelangelo - nulla traspare.

Da 'Afragola oggi' del 05-03-1995

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