L'unità della famiglia
Incontro sul tema organizzato
dall’U.C.I.I.M. e dall’A.I.M.C.
Sabato 31 novembre per me
è stato un giorno duro e difficile.
Duro perché sono stato costretto a svolgere un lavoro ermeneutico
non indifferente, nel senso che ho faticato molto per evincere,
da un testo sgrammaticato, lessicalmente orrendo, sintatticamente
mediocre (per es. leggiamo nell’articolo: “Ma il sig.
Travaglino ha sottovalutato l’intelligenza di noi tutti e
ha voluto continuare ad offenderla, accusandomi di aver disturbato....
ecc”. Si noti il brusco passaggio dalla prima persona plurale
a quella singolare. Che voleva intendere la redattrice? Si tratta
di una identificazione spersonalizzante, si fa riferimento ad una
personalità collettiva multi-ipostatica - come alle querce
di Mamre - o di un orrore sintattico?) e di una banalità
spaventosa (evito accuratamente i termini “pleonastico”,
tautologico”, “truico” ed equivalenti perché
potrebbero essere interpretati come “parolacce” offensive),
un contenuto che si è comunque rivelato inesistente.
Difficile perché, spinto dalla curiosità che produceva
in me la notizia di un’articolo che la De Liso avrebbe formulato
in risposta al mio articolo sulla Aldo Moro, mi recai in tipografia,
dove ebbi “il piacere” di conoscere un redattore de
“Il Confronto Nuovo” che al solo sentire il mio nome,
si rivolse a me in questi termini:”Tu ti citi addosso”.
Non nascondo che lì per lì, non avendo compreso il
senso della “frase fatta”, mi osservai attentamente
per scoprire l’eventuale anomalia nella mia persona o nel
mio abbigliamento.< Come spiegare a quel logorroico - mi tempestò
di osservazioni - amico che il mio era un modestissimo, anche se
pretenzioso, visto l’interlocutore, tentativo di confutatio?
Si tratta di un procedimento inaugurato da Socrate, che mira a porre
in luce la contraddizione a cui conduce l’asserzione dell’interlocutore
e, perciò consente di liberare l’interlocutore stesso
dalla presunzione di sapere; procedimento aperto, peraltro, alla
contro-confutazione e obbligato, per non entrare in contraddizione
di termini, a ritornare sui suoi passi e a rivedere le sue tesi.
Dialogo culturale, insomma, che sotto la livrea dell’attacco
frontale fa e produce cultura la quale - come affermava il 6 maggio
del 93 su questo stesso giornale (sto producendo, a mò di
esemplificazione didattica, un esempio di “ citazione addosso”)
- <<E’ sintesi, ma sintesi dinamica, che genera cioè
movimento, che esce dalle torri d’avorio delle paràtaxeis
e che si confronta(o?) - è il caso di dire che i latini avevano
proprio torto nell’affermare che nomen est omen -. Oggi, specialmente
ad Afragola, c’è un disperato bisogno di tutto questo.
“Chi ha orecchi per intendere, intenda”. Altrimenti
c’è stasi, c’è il pantano delle parole
vuote, la palude “sgarbiana” - e “delisiana”,
aggiungerei -dello svilimento semantico dove le rane gracidanti
la fanno da padrone>>.
La mia intenzione, in breve, non era quella di offendere la signorina
in questione, non è mio costume, infatti, fare polemiche
gratuite. Ne contempo ammetto di essere stato un po’ duro,
soprattutto se consideriamo che conoscevo già la redattrice
del Confronto in questione e la sua gentile madre. Eppure, mi si
creda o no, la mia era esclusivamente polemica letteraria, confutatio,
che parte da un attacco - allo scritto, non alla persona - per giungere
ad affermare il contrario, supportando le “accuse” con
valide argomentazioni.
Per convincere qualcuno, cioè, (in questo caso i lettori,
come la De Liso ha la presunzione di fare, sottovalutando questi
ultimi o sopravvalutando se stessa) oppure fargli accettare o ammettere
la nostra tesi, non basta dirgli in maniera sicura la nostra opinione;
dobbiamo dimostrare di avere ragione, proporre gli argomenti a sostegno
di quanto andremo ad affermare. Per farlo si ricorre all’argomentazione.
Per persuadere, inoltre, non basta produrre dei buoni argomenti
a favore della propria tesi, bisogna anche saper controbattere le
opinioni contrarie.
Ho enucleato sinteticamente i punti salienti che caratterizzano
un’argomentazione: a) TESI: l’opinione che si vuol sostenere
o l’evento di cui va spiegata la causa (per es. la personalissima
opinione della De Liso che il mio articolo sia pregno di saccenteria,
acredine e presunzione, che la mia sia “onniscienza da baraccone”,
che non sono umile, che non riesco a guardare al di là del
mio naso, che sia pieno di egocentrismo, che sarei fumoso, che io
ostenti cultura e che se essa esiste nel profondo non ha bisogno
di essere ostentata - nel profondo!? E che significa? B) ARGOMENTI
A FAVORE DELLA TESI: elementi che servono a motivare, legittimare,
spiegare un’opinione o un’affermazione; si tratta cioè
di argomenti in senso stretto, dai quali si trae una conclusione
(elementi che nell’articolo della De Liso sono assenti del
tutto). C) REFUTAZIONE DELLE OPINIONI CONTRARIE (per es. uno degli
argomenti utilizzati per controbattere la mia tesi, che sosteneva
che la redattrice dell’articolo “incriminato”
avrebbe operato incursioni non autorizzate nelle aule della Aldo
Moro, consiste nell’affermare che “. Perchè’
ci vogliono foto segnaletiche per evitare che qualcuno circoli indisturbato
in una scuola? Al contrario. Era proprio l’elemento che veniva
stigmatizzato dall’articolo, che cioè in quella scuola
si entrava e si usciva molto facilmente, ed è incoerente
commettere proprio quell’azione che si vuole condannare. In
questo modo potrei contestare punto per punto-qualcuna la confuterò
in seguito-tutte le altre asserzioni dello scriptus delisiano).
Risultato? La signorina De Liso si è offesa e, nel non raccogliere
la mia istanza, ha redatto un articoletto che sopra ho sufficientemente
caratterizzato.
Mi viene in mente una storiella a sfondo umoristico. Una attempata
signora, passeggiando per la piazza, smarrisce il suo cagnolino.
Un baldo giovanotto, accorgendosi che il povero animale era caduto
in un tombino, con un gesto atletico lo salva e lo restituisce alla
riconoscente padrona che ringrazia il giovane definendolo “aitante”.
Il ragazzo, culturalmente poco brillante, così si rivolge
alla stupita gentildonna: Se aitante è na bona parola, aitante
so’ io e aitante si pure tu; ma si aitante è na malaparola,
“hai tante” e chilli pacchere...!”. A parte la
divertente storiella, molto istruttiva peraltro, mi sono sentito
come forse si sarebbe sentita quella signora dopo una tal risposta:
tra il divertito e il sorpreso; forse proprio -e su questo devo
concordare perfettamente con la mia “fumosa accusatrice”
- come un “novello don Chisciotte” ( a proposito: Shervood
è abitata da Robin Hood) dopo aver combattuto contro un mulino
a vento, contro la barbarie cognitiva, la mediocrità culturale
e la chiusura intellettale che, nonostante il suo infimo grado,
continua ad agitare le sue pale boriose, spacciandosi per acerrimo
nemico, ma restando un modesto, mediocre e sterile mulino a vento.
Ma questo don Chisciotte non ci sta. Osa addirittura modificare
la tipologia caratteriale del suo pròsopon (Cervantes lo
perdoni). Nella sua rabbia iconoclasta che da sempre aborrisce lo
scempio del degrado culturale e l’”abominio della desolazione”
di chi stramazza solo per partito preso, poserà la lancia,
arma oltremodo nobile ed inadeguata a combattere contro un edificio
di pietra che muove le sue pale a seconda del vento che tira, e
userà la dinamite. Un don Chisciotte sui generis, insomma,
che, fuor di metafora (per chi non avesse capito o facesse ancora
finta di non capire) scende a livello dell’accusatore e lo
combatte con le sue stesse armi.
Già ho dimostrato che un articolo che abbia la presunzione
di confutare, deve rispettare alcune regole, che, nello scritto
in questione, sono puntualmente disattese. I connettivi (e qui entriamo
nella sintassi) dei quali si fa uso per compiere quest’operazione
sono gli avversativi e i concessivi (c.d.d.). Nel testo, per es.,
sono presenti solo due “ma” che non hanno però
funzione sostitutiva, correttiva o controaspettativa. Ed in effetti,
la risposta del secundum scriptum incompositum è compendiata
dall’esordio dello scriptum stesso.
Bla. bla. bla. bla.bla. bla. bla bla....e ancora bla”. L’introduzione
anticipa e conferma: parole squalificate, livree di defunti significati,
vuotaggini, voragini di senso, “orizzonte degli eventi”
del buco nero nel quale è caduto il Logos nella civiltà
contemporanea. La tesi verrebbe legittimata e avallata dalla successiva
affermazione:” Può usare solo parole, belle o brutte,
ma sempre parole, perché la verità e i fatti sono
dalla mia parte, fruibili da tutti alla luce del sole. A parte l’accostamento
scientista e neo-positivista tra verità e fatti che io non
condivido e la bruttura espressiva (i fatti...fruibili!), l’affermazione
è la sintesi paradigmatica del disastro culturale endemico
al mondo contemporaneo, della frattura semio-semantica, del dualismo
che separa due realtà eterosiaste che stanno in rapporto
reciproco come l’”attico alla finestra”. Il Logos,
veicolo eminente di significato, è divenuto tabula rasa in
qua nihil scriptum est; ha perso irrimediabilmente la sua gravitas,
la sua consistenza ontologica, la sua sussistenza. Ah ! Lo shemà
ebraico, la gloria del logos, la Torah she-bè alpeh’,
custode e scrigno del dabar, la theoria, ultimo approdo sul pelago
della ricerca, la hokmah, ultima delle sefiroth, la nascosta, l’a-letheia.
Quam salubre et iucundum est tacere! Nemici lo spozio, il tempo
e ...” il mulino a vento” che mi accusa di ostentazione.
Che fare: tacere dunque? Giammai! Sono solo tanto, tanto triste.
Ho perso infatti una lettrice che se fosse stata in grado si sostenere
qualche “battaglia” e se non si fosse subito offesa,
avrebbe prodotto qualcosa in più...forse.
Questo, infine, è il mio ultimo e definitivo articolo in
merito alla polemica. Cambierei atteggiamento solo a condizione
(e l’eventualità è molto remota) che la risposta
sia all’altezza. Da parte mia, e l’ho affermato in precedenza,
sono rimasto male per l’offesa che ho prodotto non volendo
e di questo mi scuso molto cordialmente. Del resto, mi si creda,
la mia intenzione non era quella di offendere, ma di “stimolare”.
Aspetterò... “luoghi e tempi più opportuni e
nel frattempo, per un’arcana fissazione temporale, il mio
calendario si è fermato al 2 novembre. Non ci resta che piangere...sulla
tomba della cultura.
Post Scriptum.
A proposito: madre natura, purtroppo, mi ha dotato di un naso lungo,
molto lungo.
Da 'Afragola oggi' del 06-11-1994
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