I luoghi dell'apparenza
La grande confusione che
regna sovrana nel nostro paese è il segno più chiaro
di un processo, ormai giunto ad una fase oltremodo avanzata, che
affonda le sue radici in lontane e profonde ragioni socio - culturali.
Questo mio momento di riflessione è stato determinato in
verità da due elementi che hanno caratterizzato la scorsa
settimana: il congresso cittadino (indetto e non realizzato) del
P.P.I. che si sarebbe dovuto tenere venerdì 25 novembre scorso
al LU.MO: e l’uscita di un nuovo periodico locale, “Impegno
Cristiano”, organo di stampa del “Movimento Cattalico”
afragolese.
Il primo di questi due eventi - parlo del congresso del PPI - è
stato per me una esperienza deludente. Inviato da “Afragola
Oggi” mi recai alle 16.00 in punto, come indicava l’invito.
Erano le 18,00 circa, e gli invitati convenuti all’appuntamento
(circa 7) ancora attendevano impazienti l’apertura dei lavori.
Quella attesa, però, non fu fruttuosa. Ebbi modo di scambiare
qualche parola con l’attuale segretario del P.D.S. afragolese,
come me in paziente attesa.
Si parlava di possibili atteggiamenti di apertura del PPI e di eventuali
alleanze interpartitiche relative a variabili di sorta che avrebbero
potuto caratterizzare il quadro politico in un modo o in un altro.
Una cosa, però, mi colpì, nelle chiacchiere scambiate
con l’amico Parisi: la sua riflessione sulla perdita di rilevanza
sociale che ormai, i partiti, come mediatori sociali, stanno sperimentando.
L’incontro sui “programmi” - affermava Parisi
- si annunciava sempre più vicino, dal momento che i partiti
avevano perso quella esclusività totalizzante dettata dall’ideologia,
che faceva da humus alle tradizioni politiche che esprimevano. Altri
elementi si sovrapponevano e si incasellavano nel mio puzzle cognitivo
che cercava di ordinare questi elementi sparsi per tentare dialetticamente
di giungere ad una ulteriore sintesi: l’“alt”
a sinistra intimato dai vescovi al PPI (non entriamo nel merito
del fatto ma ci limitiamo alla presa d’atto di un atteggiamento)
a l’”alt” a destra, intimato, sempre ai Popolari,
da Padre Bartolomeo Sorge, eminente teologo contemporaneo, in una
intervista televisiva. Il motivo sarebbe da ricercarsi - sempre
a detta di Padre Sorge - nell’incompatibilità ideologica
tra il liberismo di destra da un lato e il popolarismo di matrice
sturziana dall’altro.
L’altro elemento che mi ha dato molto da pensare è
il “numero 0” del novello periodico locale “Impegno
Cristiano”. Non metto assolutamente in discussione la preziosità
del nuovo evento editoriale, peraltro subiamo dalle prestigiose
firme di Mons. Enzo Pelvi e di Padre Domenico De Rosa; l’evento
però, è stato occasione di una riflessione che da
tempo ridondava nella mia mente: il dirsi e lo spacciarsi per cattolico
di un elevato numero di eminenze più o meno grigie della
politica afragolese e non, che, in barba ad un “modus vivendi”
che sta al Cristianesimo in un rapporto a dir poco antietico, confondono
ambiti e circostanze, deturpano l’immagine e travisano le
istanze di un atteggiamento - a loro detta - di ispirazione cristiana.
Parlavo prima di profonde ragioni socio-culturali, eziologia remota
di un processo che caratterizza la fine della modernità e
comporta, come con-causa nonché come effetto, la dissoluzione
della storia e l’estetizzazione dell’esperienza. L’elemento
fontale è da ricercarsi nell’enorme peso sociale del
quinto potere, de facto assurto a primo. Dissoluzione della storia,
cioè, intesa come privazione di una possibilità di
organizzarsi in un “fuoco” accentratore di raccolta
delle informazioni e quindi di costruzione dell’ideologia,
in quanto le “anime”sociali si sono moltiplicate e non
permetterebbero più di trasmettere una visione unitaria degli
eventi.
Altro elemento (la mia analisi verrebbe supportata dalle tesi di
Agata Piromallo Gambardella) è l’instaurarsi di un
regno dell’apparenza nel quale la quotidianità, la
caleidoscopica variegatezza del fenomenico riduce a elemento determinante
il programma a breve termine, il cui compito è quello di
aggregare “menti” intorno ad un “centro”
unificatore - anche e soprattutto in politica - privo del momento
ideologico il cui anelito funzionale è la traduzione programmatica,
strumento prettamente attuatuativo e traduttivo della filosofia
che sta a monte. Questo il motivo profondo dei “divieti”
episcopali. Nessuna accettazione, quindi, da parte dei cattolici,
di accostamenti o sommatorie di programmi (almeno in linea di principio),
pena il rischio di finire sul letto di Procuste di ideologie che
giocano ai “fantasmi” e che “segano” l’uomo
a loro uso e consumo: visione del mondo “barocca a destra,
articolata, cioè sulla sublimazione del mercato, sulla “crescita
non finalizzata”, fino ad arrivare alla aberrazione dell’Amway
(metafora della sola via percorribile, o dell’”io sono
la via” di evangelica memoria) che addita il mercato e le
leggi che lo sostengono come “nuova religione”, visione
del mondo oper-statalista, a sinistra, dove la persona rimane irretita
nelle maglie di un sistema che rischia di svilire, mortificandole,
le sue dimensioni vitali.
Terzo rischio, forse il più grave, è la inflazione
del termine “cattolico”, portato come vessillo e ostentato
a mò di captatio benevolentiae da parte dei vari schieramenti,
PPI compreso.
Cari cattolici: se veramente ci siete, mi permetto di suggerirvi,
con Vangelo alloa mano, di non dare le vostre perle ai porci, né
le cose sante ai cani.
Da 'Afragola oggi' del 04-12-1994
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