Guerra alla guerra
Si riaffaccia lo spettro “pantragista”
di un sistema, quello hegeliano, che è stato condannato alla
storia
La manifestazione del giorno
24 aprile, organizzata dall’Associazione Nazionale Sviluppo
Culturale di Afragola, in onore degli ex Combattenti, Mutilati,
Invalidi e Reduci della II guerra mondiale e in memoria dei caduti
di Afragola, testimonia in questo periodo storico molto particolare
che stiamo vivendo, una rediviva coscienza civica fiera del suo
passato.la spettacolare Fanfara dei Bersaglieri, poi, ha contribuito
in modo sublime a che si facesse “memoriale” di una
storia che i giovani presenti hanno ri-vissuto in tutta la sua ampiezza
di evento tragico e nello stesso tempo glorioso di un popolo che
riconquistava la sua identità di nazione democratica e indipendente.
Di contro, sono costretto a leggere cose come questa: “Non
sbagliata la guerra; è sbagliato perderla”.
È un allucinante affermazione di Massimo Fini riportata dall’”indipendente”
di qualche giorno fa nell’ambito di un articolo che voleva
essere un commento alla pazzia televisiva di “Combat Film”
che ebbe come effetto immediato quello di paralizzare la mia persona
in uno stato di confusione e sgomento. Il fatto era che non riuscivo
a spiegarmi il motivo per cui alle decine di migliaia di pellicole
inedite che gli autori avevano a disposizione avessero scelte proprio
quelle. Avrei voluto in qualche modo esprimere il mio dissenso e
la mia perplessità sull’impostazione del programma
ma il tutto era coperto dal manto della subliminarietà dei
messaggi, di cose dette e non dette – Tina Anselmi e Piero
Fassino, ospiti in studio nella puntata incriminata (la prima) sono
stati sistematicamente interrotti dal conduttore – di spazi
concessi e nello stesso tempo negati.
Nemmeno la mia mente perversa riusciva a collegare tutti i fili
di quell’unica arcana ragnatela che un fantomatico ragno sembrava
tessere per mezzo di tendenziose e disoneste tecniche di persuasione
occulta. Riuscivo però, man mano, a comprendere il senso
di quelle giustificazioni preliminari, di quel cappello mirante
a fugare nel telespettatore il sospetto del mostro della ricostruzione
storica “a tutti i costi” (che il sub-conscio scheda
sistematicamente come faziosa e di parte).
Il giorno successivo, sui giornali, polemica a tutto campo. “È
ignobile mettere sullo stesso piano i morti della Resistenza e quelli
del fascismo” – afferma Giovanni Ruggiero dalle colonne
dell’”Avvenire” dell’8 Aprile.
Il PDS è furioso. Vincenzo Vita, responsabile informativo
del partito di Occhetto grida: è molto grave che la prima
rete della Rai abbia confezionato il programma il modo così
sbagliato: non si può trattare la Resistenza con falso spirito
equidistante”. E Cossutta : Fascismo e Antifascismo non vanno
messi sullo stesso piano”. L’”Osservatore Romano”
tuona: “Grassa ignoranza” precisando la inutile ricerca
del macabro nel programma. La “Voce”, “La Repubblica”,
l’”Unità”, tutti ad inveire contro quella
cantonata “revisionista” di Rai Uno e/o Zucconi (unico
colpevole secondo la professoressa Elena Agarossi intervistata dall’”Indipendente”
del 9 Aprile).
Mi sembra di sentire, in quella trasmissione, la funesta presenza
dello spirito di (Ernest Nolte e dei macbri ectoplasmi del revisionismo,
è noto per aver interpretato la realtà dell’olocausto
come una risposta da partesi Hitler alla minaccia bloscèvica)
che in quest’ultimo periodo perseguono a tutti i costi la
cancellazione della Memoria storica di una civiltà irriverente
e dissacratoria, che cerca l’oblio di se stessa in una tanto
declamata “pacificazione nazionale”che va assumendo
sempre di più le sfumature di uno “scurdammece o passato”
L’eziologia del suddetto atteggiamento non è giustificabile
se non nell’ambito del disegno politico-culturale che persegue
la deresponsabilazzione storica di una certa ideologia al fine di
legittimare culturalmente un sistema politico che non può
avvalersi di fondamenta culturali altrettanto solide nell’ambito
dell’ “inteligenza” nazionale. Gli attachi (peraltro
goffi e ridicoli) a Umberto Eco rappresentano la concretizzazione
di questa nuova “guerra totale dell’hegelismo di destra”.
Non è assolutamente mia intenzione distinguere tra i morti
delle parti in guerra ed entrare nei risvolti etici della questione
giudicando giusto o meno un omicidio (si tratta comunque, sempre
di aziopne omicidia, anche se perpetrata sotto l’egida lautretica
della guerra) nella misura in cui sia stato commesso da una parte
o dall’altra; la guerra è ingiusta di per sé.
Mi si potrebbe, a tal proposito, contestare la validità oggettiva
della “legittima difesa” che al di là di ogni
dubbio, potrebbe essere, come precisato dall’aggettivo stesso,
legale, legittima.
Non è, al contrario, necessariamente giusta. La giustizia
è qualcosa che va al di là del diritto, il quale cerca
di concretizzare, traducendoli in norme, i dettami universali, esterni
e necessari della Giustizia stessa che dovrebbe “informare”
il diritto di esprimersi, per quanto possibile, in esso.
La ragione di queste righe, quindi, è da ricercarsi nel dovere
di alzare gli scudi per impedire l’offensiva, subdola e strisciante,
di una certa “mens” che ora come mai, si accanisce furiosamente
contro le colonne decimate della coorte dell’onestà
ermeneutica, difese dell’ultima “Maginot” di una
ricerca “ancella” della Verità, che resiste ancora
come fondamento etico e paradigmatico di una società che
ha ancora la presunzione di definirsi “civile”.
Agostino d’Ippoma già allora armava dire: “In
necessaritis unitas, in dublis libertas, in omnibus caritas”.
Su ciò che è essenziale fermezza, unità:su
ciò che è opinabile.
Da 'Il nuovo confronto'
del 7-05-1994
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