Afragola terra di missione

Sono passati circa cinquant’anni da quando H. Gordine. Daniel pubblicarono a Parigi un volume destinato ad avere amplissima risonanza, costituente una pietra miliare della provocatorietà non solo in ambito pastorale-teologico: “Francia, paese di missione”.
E’ da tempo ormai che vaglio la gravità della situazione socio-culturale cittadina, che, inbarba al differente contesto storico del saggio sopra citato, presenta tutti i crismi di un degrado che si allarga sempre di più a macchia d’olio, investendo tutti i campi del sociale: dalla scuola (ahimè, la più colpita) ai periodici locali (che nei miei soliloqui ho scherzosamente definito muti ciarlieri”, dalla politica al discorrere della persona comune.
Non è un caso che la scuola, cassa di risonanza e specchio fedele del contesto nel quale opera, soffra terribilmente le pene di questa lebbra “post-moderna” i cui funesti venti virali stanno già producendo le prime morti. Messo tra parentesi che circa il trenta per cento dei nostri figli abbandona la scuola prima di completare la media inferiore e che il tasso di mortalità scolastica è uno dei più alti d’Italia, si presenta all’orizzonte un altro mai pesato in tutta la sua gravità: l’infimo grado culturale della grande maggioranza degli alunni delle nostre scuole che a dir poco, spaventa.
Ho parlato di “terra di missione” proprio perché in virtù di questo pesante handicap di una società mass-mediale dove la televisione fa il bello e il cattivo tempo e di una scuola di cui, da parte dei ragazzi, non se ne sente più il bisogno, sono basta più fare solo il proprio dovere. Non serve assolutamente, parlo agli insegnanti della Settembrini, Ciaramella, Mozzillo, Nosengo, atteggiarsi a cattedratici universitari e, nella sterilità asettica di una scuola che deve risultare giocoforza scocciante, fredda e senza senso, pretendere dagli alunni quello che non si è dato, sparando (per banalizzare un discorso di stampo docimastico e docimologico) su di essi raffiche punitive di lettere assurte a strumenti di affermazione di una volontà di potenza probabilmente in tutto frustata in altri ambiti. Questo non è insegnamento ma ignoranza didattica allo stato puro.Si contribuisce in tal modo a dare il colpo di grazia ad una struttura che è già in agonia.
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, non ho figli che frequentano qualche scuola media di Afragola, ma è come se l’avessi: gli ex-alunni della mia scuola elementare. E quanto vengono, in processione, a trovarmi a scuola e mi raccontano della nuova scuola, della noia profonda che provoca in essi, mi ritrovo impotente, amato solo della ormai inflazionata e mortificata “parola”, che cerco di usare per persuaderli alla necessità di essa. E’ curioso come nei periodi di vacuità ontologica e assiologica si verifichi un fonte svilimento semantico del “logos” e si cerchino altri veicoli di significato (si pensi all’immagine) che, ad onta degli sforzi concretizzantesi in attacchi massivi sostenuti da uno sfrenato consumismo a cui interessa l’epidemica sensazione che il prodotto deve provocare nel venire del consumatore, non solo non riesco a rimpiazzare l’onnipotenza verbale ma addirittura creano una grande “babele”, fomentata da una scuola che non riesce e non vuole creare il bisogno e la necessità di se stessa.
Parlando con gli ex-alunni spesso ricordo le tante iniziative, le recite, la battaglie combattute e vinte insieme per realizzare qualcosa e (non è né retorica né esibizionismo didattico) quella profonda amicizia e grande stima e rispetto che si andava concretizzando tra noi; e che attenzione alle mie lezioni in classe! Attenzione di una scuola che si ri-inventa per non morire.
Tempo fa, al teatro delle Suore Compassionistiche di Piazza Castello, i candidati del nostro collegio incontrarono, in un convegno organizzato dall’A.R.C.A., dall’A.R.F.D.A. e dal centro di Iniziative Sociali e Culturali di Momento città, la “cultura” afragolese e, ci si dilungò molto sulla scuola, nell’ascoltare le relazioni dei futuri deputati e senatori che parlavano di “razionalizzazione verticale e orizzontale”, “valorizzazione trasversale” e altro, troppo!, pensavo alla urgente necessità di ri-pensare la scuola “in situazione”, di mettere in discussione un siffatto tipo di fare scuola in un paese, come il nostro, che ormai è terra di missione.


Da 'Afragola oggi' del 10-04-1994

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