Scoperte nuove tombe sannitiche

Era una calda mattinata di Aprile del lontano 1981. In classe (ero allora studente della scuola A. Mozzillo) ci fu annunciata, per mezzo dell’allora moderna filodiffusione, una inaspettata gita culturale che poco sapeva di moderno: Si andava in località “murillo e’ Cardito” perché erano state rinvenute alcune tombe di una probabile necropoli sannitica.
Ricordo un’immensa campagna e alcune buche riveste di tufo, da poco sterrate e violate nella loro, sacra quiescenza millenaria da balordi “tombaroli”, già depauperate dei loro arredi tombali, ma affascinanti nella loro semplicità. Fu un’esperienza unica: Quell’evento rappresentava la desclerotizzazione libresca, pallido riflesso di una cangiante realtà che esordiva nel mio universo adolescenziale.
A distanza di dodici anni il tutto è rimasto relegato negli immemori meandri di una coscienza civica indegna del suo passato.
<<In quella zona sono celate probabilmente altre necropoli dello stesso periodo storico afferma il prof. Andrea Romano ed è certamente un luogo, come del resto tutto il territorio della stessa Afragola, ricco dal punto di vista archeologico. Quelle tombe scoperte tanti anni fa continua il Romano sono un’importante testimonianza della civiltà pre-romana nel nostro territorio: Esse potrebbero essere la spia dell’esistenza di un ager suburbans - urbis territorium>>.
La tesi che avanza il Romano è semplice quanto suggestiva.
Egli affermerebbe che gli abitanti di Aker (l’odierna Acerra) si sarebbero spostati a causa dello straripamento periodico del fiume Clanio (i cosidetti “regi lagni”; cfr. Sil. 8,537; Verg. G. 2,225.) e si sarebbero stanziati nell’odierno territorio di Afragola. Qui avrebbero trovato pagi già esistenti, popolati da etnìe sannitiche. Fondendosi con gli indigeni afragolesi, gli acerrani imposero a questi ultimi una configurazione territoriale alquanto unitaria. Non dimentichiamo al riguardo l’origine etrusca di Aker e l’evoluta matrice socio-culturale della stessa città. Prova di quanto affermato dallo studioso è il fatto che da questo periodo (V.IV sec. A.C.) i reperti delle varie necropoli del nostro territorio (compresa quella del “murillo e’ Cardito”) riproducono prima grossolanamente e poi sempre in maniera più chiara il bùcchero (particolare tipo di impasto), adoperando inoltre, in maniera sempre più sistematica, la vernice nera per dipingere il vasellame: elementi questi peculiari della civiltà etrusca.
Il corollario di questa tesi comporterebbe una affermazione esclusiva quanto isolata: In età pre-romana esisteva, sul territorio dell’odierna Afragola, una comunità sociale ben strutturata, probabilmente definita da un topònismo preciso, inglobante vari pagi preesistenti.
Le prove che il Romano adduce per suffragare quanto detto sono molteplici: (1) Il ritrovamento del decumano (lato posteriore) di un “campo romano” presso la località “cinque vie”, molto probabilmente “castra stativa”, dove avrebbe soggiornato per lungo tempo la decima legione. Del fatto ce ne darebbero notizia Valerio Massimo e Cicerone nel de Officiis 1. Il ritrovamento dell’”ara augustea”, venuta alla luce nel 1929 grazie al Canonico Aspreno Rocco. Il reperto presentava soltanto, a livello epigrafico un <<AUG. SACR.>>; pertanto mancava di tutto gli elementi costitutivi delle dediche sacre (AEDEM-ARAM-BASIM-SIGNUM-STATUAM-TEMPLUM ecc.). Tutto questo induce nel Romano la convinzione che ci sitrovi di fronte ad una iscrizione onoraria posta a complemento di un monumento celebrativo (colonna.arco-statua) eretto da una comunità con discrete possibilità finanziarie che godeva inoltre di una certa autonomia territoriale. (3). Il ritrovamento della celebre “tomba di “ rinvenuta in proprietà De Simone sulla cantariello e delle varie “villae rusticae” che testimonierebbero una non indifferente agiatezza economica indigena. (4). Il ritrovamento di una epigrafe in zona Salicelle riportante il testo <<CAMVILILHVPL>>: “Cam (illus) vil (licus)i(us)l(ibertorum)h(abeus)v(otum)p(osuit) L (ibero).
Il liberto Camillo scioglierebbe quindi un voto a Libero, antica divinità italica della fecondazione e della piantagione. Questo dovrebbe comportare la presenza di un tempietto e di una villa in loco.
<<Certamente c’è molto di vero in quello che afferma il Romano-incalza il prof. Giacco. Il fatto per esempio che nella toponomastica di Afragola permangono alcuni termini come “o’ limitòne” che potrebbe identificarsi con i “limina” (confini) di questo fantomatico accampamento stabile romano, potrebbe dare ragione al Romano. Lo stesso acquedotto che passava per Afragola è una prova certa che nel nostro territorio esisteva una fiorente attività economica da dalvaguardare. Io comunque - continua Giacco - avanzerei una nuova ipotesi: Sul nostro territorio si sarebbe verificata una continua sovrapposizione e commistione di una rosa diversa di culture. Testimonianza di quanto dico-afferma lo studioso - è il continuo variare dello stesso nome della città nel corso della storia. Questo avrebbe comportato un continuo mutare della morfologia del centro o dei centri abitati.
Dello stesso poarere sembra l’architetto Pasinetti, Sovrintendente ai beni ambientali e culturali, che riprende inoltre l’annosa questione dell’istituzione di un museo civico. La questione venne sollevata già molti anni orsono dal Dott. De Franciscis, predecessore di Pasinetti alla Sovrintendenza. <<Il problema - afferma Pasinetti - è che non abbiamo abbastanza materiale tale da legittimare l’apertura di un museo, ma neppure una coscienza civica che ne sia condizione>>.
La cultura è sintesi, ma sintesi dinamica che genera cioè movimento, che esce dalle torri d’avorio delle “paràtaxeis” e che si confronta. Oggi, specialmente ad Afragola, c’è un disperato bisogno di tutto questo. “Chi ha orecchi per intendere, intenda”.
Altrimenti c’è stasi, c’è il pantano delle parole vuote, la plaude “sgarbiana” dello svilimento fanno da padrone.
Nel frattempo molte volte mi è capitato di ripensare a quell’esperienza fatta anni fa, e molte volte ho chiesto, cercando di aggiornarmi sul prosieguo delle ricerche in ambito archeologico: Niente. Poi la legge 219, il quartiere “Salicelle” e la frase di Vernola, il ministro convenuto anni fa ad un convegno cittadino, che diceva più o meno così: “Tutta l’Italia è interessata da una certa storia; se si portasse tutto il passato alla luce, dove andranno a vivere?”
Non so fino a che punto avesse ragione; non so se è stato giusto, causa i grandi interessi economici e l’apatia dell’”intellighentia” nostrana, edificare sulle tombe sannitiche, dopo più di 2000 anni, una moderna “necropoli” chiamata quartiere; non so se è stato giusto chiamare tutto questo “progresso civile” se invece di costruire nel passato, si continua ad edificare sul passato, memoria storica di un popolo di fantasmi di una civiltà violata.

Da 'Afragola Oggi' del 06-05-1993

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